Il Profeta – Il potere si regge sulla menzogna – Reggiolini plebeo

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di Angelo Ruggeri 

Come dice il Profeta: l’assenza di Dio non è altro che l’assenza di giustizia e l’assenza di verità nella società secolarizzata, dove la vita pubblica si svolge senza verità e il potere si regge sulla menzogna…Se si sapesse la verità molti troni crollerebbero…”

Ci sono peccati che sono semplici da identificare e di cui è facile essere consapevoli, ma al giorno d’oggi è difficile essere consapevoli, specie da parte di chi segue e pratica tutto quello che viene richiesto dalla “pratica della religione” (fedeli e ministri della Chiesa come anche la CEI e l’Avvenire), e di quello che è un peccato di eccesso di religione (come l’eccesso di difesa, ecc.). Allora ditelo, anzi gridatelo, gridatelo a guisa di tromba che qui il peccato è quello di eccesso di religione, qui il peccato é prendere Dio come alibi per non occuparsi dell’uomo, separare l’amore per Dio dall’amore per l’uomo, mentre quello che desidera Dio, è il riscatto dell’uomo, il riscatto dell’oppresso dalla mancanza di giustizia e dalla mancanza di verità... (Isaia) 

Isaia era anche il nome del comunista e CGIL capo della Commissione interna della Mazzucchelli (3.000 lavoratori), la più grande fabbrica chimica della provincia di Varese (dopo la Montedison). Quando costui andò in pensione, divenne capo della Commissione interna un altro comunista: Aldo Massari che sarebbe diventato il mio principale difensore dalle minacce di licenziamento e punizioni rivoltemi dal Direttore e dai suoi capi del reparto dell’officina meccanica in cui lavoravo, perché, andato in pensione Isaia, venni eletto nella Commissione interna anche se non avevo ancora compiuto 16 anni. Frequentavo, allora, ancora l’Oratorio di Don Angelo Sala che in futuro, con Martini Cardinale di Milano, sarebbe diventato il responsabile della Pastorale del lavoro. 

In: “Isaia, un nome e una leggenda” (Racconti e testimonianze di comunisti varesini) lo celebrai ricordandolo così: 

<<all’inzio era solo un nome, una voce, poi una leggenda. Il comunista capo della Commissione interna si chiamava come il Profeta. Passo cadenzato, braccio ripiegato a sostenere l’inseparabile secchio con gli attrezzi indispensabili per il suo lavoro, tuta di un marroncino indefinibile, tipico dei muratori della Mazzucchelli, un camminare continuamente interrotto da lavoratori che gli si rivolgono, il suo parlare fitto e ascoltare attento. Un me stesso sempre più lontano e vago, perduto nella prospettiva un po’ curva e deformata, che sfuma in un grigiore uniforme.

Nel gioco degli specchi della memoria, il ritratto è quasi sempre autoritratto. Non perchè venga cancellato il motivo fondante, ma in ragione di una decisa scelta etica intersoggettiva, dove il mondo si conosce, sempre, attraverso l’altro, insieme all’altro, che si svela a noi stessi. Anche per questo noi siamo “animali rammemoranti”, che non possono vivere senza rammentare.

La memoria è il nostro tempo, e, il tempo siamo noi stessi. Il rifiuto a ricordare, il tentativo di ripudiare la memoria e il passato ha, come radice, il rifiuto del tempo che passa, il rifiuto del suo scorrere, il tentativo astorico di cancellare il divenire dei processi e di cancellare il passato, per eliminare quello che oggi si ritiene “brutto”. Ma cancellare la memoria, cancellare la storia, per una persona, per un partito, significa cancellare se stessi. Operazione impossibile, perché, nel negare di ricordare, si ricorda, mentre rinnovarsi significa, gramscianamente, “soprattutto memoria storica”>>. (da Racconti e testimonianze.., di Angelo Ruggeri Ed. Città Futura, novembre 1989). 

Già: RINNOVARSI SIGNIFICA SOPRATTUTTO MEMORIA STORICA!!! diceva Gramsci, che scoprimmo con il grande e coltissimo plebeo e autodidatta Giuseppe Reggiolini, nella sala fredda come una ghiacciaia posta sopra la Cooperativa di Castiglione Olona, dove oltre ai sistemi di calcolo del cottimo, del salario, dell’organizzazione del lavoro, studiavamo storia, economia politica, politica economica, le rivoluzioni politiche borghesi e quelle sociali e socialiste, la storia del movimento operaio, Il Capitale di Marx, le lotte di classe dagli albori dell’umanità a quelle del primo ‘900 di cui, successivamente, quando si trasferì a Varese, conobbi e divenne un caro amico, uno dei principali organizzatori di quelle lotte, prima in Sardegna, poi a Milano e a Torino: Peppino Frongia, del quale Gramsci pubblicò su L’Ordine Nuovo alcuni scritti come “esempio di letteratura operaia“. Fu lui ad iscrivere per la prima volta al PCI Enrico Berlinguer. 

Noi siamo gli scolari della classe operaia e siamo pronti a tornare a scuola, per imparare da essa e non certo per fare della bella scrittura” (Bertol Brecht) 

Infatti non c’è nulla che non si possa imparare fuori dalle Università leggendosi un buon libro, ma non c’è nulla che si possa imparare nelle Università di quello che si impara mettendo in rapporto ciò che si studia sui libri con quanto si impara in fabbrica e nella società, praticando, contemporaneamente, il lavoro e lo studio (lo abbiamo scritto anche in Aden Arabia) 

Quando lesse di Reggiolini, Padre Pirola, rispondendo ad una delle mail che invio sempre a tutti, puntuale e acuto come sempre, mi scisse: <<Al “fuori il malloppo uno” della tua mail aderisco anch’io di tutto cuore. Correvano i tempi ( un mese di scioperi Fiat) in cui Vattimo volantinava fuori dalla fabbrica al mattino presto e la foto sua comparve sull’Unità, in prima pagina… Ma la Fiat è… di sinistra, no?Agnelli e Pirelli ladri gemelli”... slogans dei primi movimenti operaio-studenteschi di Milano, oggi bushianamente politically s..correct. Ma ascoltiamo Ciampi, i lamenti di Prodi (“basta con le mediazioni estenuanti”… ne va della ciccia) e gridiamo “viva l’Italia” con loro (oggi direbbe, con Napolitano). Storia passata: bei tempi quando organizzavi il dibattito su comunisti e cattolici e tra gli altri, anche Petruccioli veniva a Varese… ma peccato che anzichè lui, non abbia conosciuto Reggiolini. Cari saluti. Con l’amicizia di sempre. Giuseppe Pirola s.j. >>. 

Lottavamo e studiavamo sempre e di tutto, anche, ovviamente, diritto e Costituzione, anche perché, allora, soprattutto la CGIL, che trascinava in tale senso anche la CISL e persino la UIL che già allora era prevalentemente composta da crumiri e da spie del padrone che andavano a riferire tutto quello che io facevo e dicevo ai lavoratori negli spogliatoi o altrove (a proposito anche G. P. Patta di Lavoro e società iniziò la sua “carriera” nella UIL) e, all’opposto di oggi, il sindacato e i lavoratori vincevano perché si battevano per l’attuazione della Costituzione e per farle superare i cancelli, per farla entrare in fabbrica dove, soprattutto, oggi resta esclusa: perché “nelle due grandi strutture del potere dall’alto, l’impresa e la pubblica amministrazione, la democrazia e la costituzione non sono mai entrate” (diceva persino Bobbio). 

Reggiolini era, un plebeo autodidatta, capo dei lavoratori, segretario generale della Filcep CGIL, retto e colto. Con Lui non la spuntava neanche Lama a cui non risparmiava critiche feroci come solo un colto plebeo sa fare. Anche per questo Lama, e non solo lui, lo temeva perché veniva messo sotto dall’argomentare plebeo pieno di verità e saggezza e di cultura vera, non accademica, con cui Reggiolini smacherava “l’assalto alla diligenza” dei carrieristi del sindacato e del partito. Reggiolini era riconosciuto dai lavoratori per la rettitudine e la competenza, anche da quelli che non si fidavano ed, anzi, respingevano e ripudiavano altri sindacalisti, anche della CGIL, al punto che non volevano né sentirli né farli entrare in fabbrica.

Reggiolini era l’unico sindacalista che poteva entrare alla Montedison, l’unico che i lavoratori stavano a sentire ed ascoltare, compresi quelli di “Scienza e Sapere e di “Mara” che diedero avvio all’esperienza dei libretti sanitari e della difesa della salute e dell’ambiente in fabbrica, e poi nel territorio, che divenne un’esperienza nazionale, base della riforma sanitaria, la famosa Legge 833/78, che prima di diventare legge venne anticipata nei territori, nel rapporto tra lavoratori delle fabbriche ed enti locali, e poi studiata nel mondo.

Il c.d. ambientalismo di oggi, che nasce a destra e proviene dalla cultura ambientalista della borghesia di destra e che ora è propria della borghesia di sinistra, farebbe bene ad imparare cosa significhi veramente e scientificamente il termine ambiente: luogo di tutto, vita e produzione, fabbrica e casa, territorio sociale.

Dunque, è importante chiedersi cosa significhi e come si difenda davvero l’ambiente e la salute, senza farne solo uno spicchio separato dal contesto economico, dai rapporti sociali e da quelli di produzione capitalistica, e quindi dalla centralità della classe operaia come soggetto unificante della questione sociale, che è una e comprende tutto anche, ovviamente, l’ambiente e la salute.

Il cosiddetto ambientalismo farebbe bene a studiare per sapere che la prima e vera difesa dell’ambiente e della salute è stata ed è quella che nasce dai luoghi di lavoro, dal controllo sociale degli investimenti “sia di processo che di beni” (come dicono gli “studiosi” che non vogliono far capire bene di cosa si stia parlando), senza di cui non si può impedire l’inquinamento e la depauperazione del territorio, lo sfruttamento, insito nel sistema capitalistico della natura e della salute, dei lavoratori e della società, come già ben sapevano, descrivevano e tempestivamente analizzavano Marx ed Engels. 

Dopo la lezione di Isaia, nella fase della repressione “pre” 1968-1969, avemmo la prova che ciò che conta non è solo la forza dell’avversario e la situazione “oggettiva”, ma la forza della nostra proposta, la forza della nostra soggettività e lotta, che sono parte determinante della realtà oggettiva” (da Racconti e testimonianze.., di Angelo Ruggeri Ed. Città Futura, novembre 1989). 

E di lì a poco l’iscrizione al partito, che non era ancora stata avvertita come un’esigenza, divenne una aspirazione ed un bisogno.

Un pezzo di propaganda, un vero e proprio giornale di 16 pagine, distribuito ai cancelli dal PCI, recava un disegno di Fernand Léger: “I costruttori”, con due manchettes: “cammina coi tempi”, “vieni con noi” e “diventa comunista”. 

Noi ci consideravamo già comunisti a tutti gli effetti, ma non avevamo mai pensato che fosse necessario iscriversi. 

Ciò che ci aiutò a capire sia l’importanza del PCI, che l’essere suoi iscritti per essere parte di un popolo e della storia, furono le parole “veniamo da lontano e andiamo lontano” di Togliatti poste vicino ad un estratto de “Il Manifesto dei comunisti” di Marx ed Engels, la testimonianza di alcuni semplici militanti, uno scritto di Giuseppe Di Vittorio che diceva: “Non sarei nulla senza il movimento operaio e il partito comunista italiano”, i dati sul contributo dei comunisti alla Resistenza e la poesia sul partito di Bertol Brecht: 

Ma chi è il partito?

…Esso è nei tuoi abiti compagno e pensa nella tua testa.

Dove tu sei stato attaccato

là esso combatte.

…Un uomo solo può essere annientato

ma il partito non può essere annientato

perché esso è l’avanguardia delle masse 

Per noi era già tutto vero nella realtà pratica della fabbrica e di ogni giorno, prima ancora che sui libri dove, come in quelli di Marx, trovammo riflesso e spiegato il senso della vita e del lavoro che vivevamo e sperimentavamo quotidianamente. E tutto ciò resta sempre vero, oltre che per noi, nella realtà della vita e del lavoro di oltre due miliardi di proletari del mondo. 

Il Profeta – Il potere si regge sulla menzogna – Reggiolini plebeoultima modifica: 2012-01-19T09:00:00+01:00da iskra2010
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