Quando c’era la democrazia…

 

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di Angelo Ruggeri

Non ci si può affliggere delle conseguenze dopo essersi accomodati alle cause. 

Collegare ieri ed oggi.

Pro memoria storica e politica.

Stamani (8.1.2012), il male che attanaglia la politca e la società, cioè la mancanza di memoria storica, si è nuovamente materializzato, sia con Panebianco che dice: “non ci sarebbe vuoto di legge se il referendum elettorale cancellasse la legge vigente, perchè come sul divorzio rimarrebbe la legge precedente”; sia con Sansonetti, ex Liberazione, che commentandolo a Prima Pagina è andato in confusione, non ricordando se quello sul divorzio avesse lasciato vigente una legge in materia. Entrambi non sapendo della irrecusabile diversità tra un referendum in cui si dice “Si” (per abolire una legge) e un referendum in cui si dice “No” (per mantenerla). In più Sansonetti non ricorda che si votava NO perchè il divorzio fu introdotto con legge Parlamentare e il referendum era per abolirlo e non già per introdurlo, come tendono a far credere i radicali e, purtroppo, quasi tutti ci credono, specialmente quelli delle “sinistre” di varie specie. Sempre oggi, il Ministro Passera ha annunciato il rafforzamento del “governo per agenzie” (private) per la gestione delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni” ed anche “uno o più decreti governativi al mese”. Ovvero l’abolizione del governo Parlamentare sancito dalla democrazia e dalla Costituzione con l’elevazione a sistema dell’antiparlamentare e antidemocratico “governare decretando” e del “governo per agenzie”(private), di cui, anche qui, pochi ricordano che nel Paese si discusse del “golpe strisciante” del governo Amato del 92 espresso dal diunvirato Craxi e Forlani (padrino di Casini), perchè aveva esautorato il Parlamento tramite i Decreti della manovra economica e istituzionale. Tale decretazione è, poi, proseguita per tutti gli anni successivi anche ad opera dei governi della pseudo sinistra che si affliggeva del berlusconismo dopo essersi accomodata alle cause del berlusconismo, cioè al sistema elettorale e politico antiproporzionale e ad un sistema istituzionale ed economico-sociale che ha istituzionalizzato il berlusconismo, rovesciando i principi e i valori su cui si è fondata la democrazia introducendo principi e valori del mercato d’impresa del capitalismo privato e ponendo come base dello Stato non più i partiti, ma le corporazioni politiche ed economiche di interesse privato una delle quali capeggiata da Berlusconi.

 

di Giuseppe Pirola

Sunday, April 10, 2005

Quando c’era la democrazia 

Caro Angelo,

Sono del tutto d’accordo con te e ti sono amico per questa tua fedeltà alle idee di fondo che qualificano una vita e fanno sana una politica. La battuta di Fassino fa capire che passiamo da Farinacci a Ciano. E la vittoria di Vendola ( D’Alema?) è peggio di una sconfitta, è un pateracchio… Mi permetto di aggiungere, da compagno tuo…e di Gesù (per non diventare eretico io che sono tomista) che la politica fredda è la migliore.

Con l’amicizia e la stima di sempre.

Giuseppe Pirola


di Angelo Ruggeri

April 08, 2005

Quando c’era la democrazia

L’occhio di Spartaco (e di Frida) osserva registra memorizza e non dimentica

 

Pro memoria storica e politica                                                               

Non ci si può affliggere delle conseguenze dopo essersi accomodati alle cause.

La riduzione dello Stato e delle istituzioni a una somma di apparati di vertice, che oltretutto viene governato con lo stesso tipo di strumenti e analoghi metodi sia dalle forze conservatrici che dalle forze progressiste, certifica quanto opposte, ma parimenti perdenti, siano le interpretazioni massimaliste e minimaliste secondo cui lo stato andrebbe solo estinto o solo governato dalle forze di “sinistra” anziché da quelle di “destra”, sicché all’appuntamento della storia sono mancate sia le forze riformiste che quelle rivoluzionarie, anche quelle ispiratesi in vario e distorcente modo, ad un “marxismo” e “leninismo” intesi in modo astratto e astorico, e quindi dogmatico, che ha espunto e persino cancellato il pensiero di Gramsci, il maggiore e più importante marxista contemporaneo, proprio nelle sue parti più significative e oggi più decisive, quelle che incidono su ciò che la teoria borghese titola come “teoria generale del diritto e dello stato”, ma che Gramsci specifica e disarticola mediante il diritto pubblico e le sue diramazioni principali come il diritto costituzionale, internazionale e amministrativo. Ciò è stato e continua ad essere, almeno a sentire chi si rifà oggi a Marx, più con l’idea di tornarvi a ritroso che non di andare avanti e valutarne gli sviluppi nel processo storico in ambito di filosofia della prassi, che ha continuato a confrontarsi con l’economia, la politica, il diritto e lo Stato. Questo per aver accettato e continuando ad accettare l’apodittica tesi “bobbiana” secondo cui non esisterebbe una teoria marxista dello Stato, quando proprio la questione del potere e dello Stato è ciò che da Marx prima e Lenin a Gramsci dopo, ha distinto e distingue i rivoluzionari dai riformisti, i socialisti dai comunisti.

(S. D’Albergo)

 

E Dio creò la “sinistra” presidenziale e uninominale (5-4-05)              

Ma la classe operaia non va in Paradiso, anzi, da tre lustri va a Bossi, Berlusconi e Formigoni nella regione più operaia d’Italia. La travolgente “avanzata” di “gambero Bertinotti”: perde solo l’1% e 2 seggi in Regione Lombardia e “raddoppia” sul piano nazionale perdendo solo lo O,6%, ancora una volta non arrivando nemmeno vicino ad un misero 6%. La “sinistra” elettoralmente più forte è in Toscana, dove non c’è nemmeno una fabbrica.

Sette secoli fa San Tommaso d’Aquino affermava la recta ratio, il “retto pensiero”, conforme al dogma, fonte di verità e di legittimazione dell’ordine costituito. Da essa l’uomo può deviare, dalla retta fede, o per volontà di non aderire al Cristo o perché non sceglie quanto gli è veramente trasmesso ma ciò che gli suggerisce il suo proprio spirito. L’eresia, dunque, per San Tommaso é una specie di infedeltà.

Si direbbe proprio che anche la “sinistra” di varia specie, di oggi provenga dagli eredi di San Tommaso D’Aquino, ci basti osservare come non faccia analisi, ma scagli anatemi contro chi respinge il Trattato-progetto di “costituzione europea” o respinge una politica ridotta al personalismo presidenziale ed uninominale, che, i commentatori sportivi, pardon “politici”, considerano “entusiasmante” (così l’ha definito una commentatrice televisiva smaniosa di mettersi in mostra) l’ alternarsi di gol sui vari campi, dove, all’inizio del primo tempo segnavano i Totti-Marrazzo o Bosinovic-Vendola, poi accorciavano o pareggiavo i Di Canio-Storace e i Crespo-Fitto, in seguito i primi segnavano ancora e vincevano. “Entusiasmante” sì, come un’uninominale “formula uno”, in cui la massa non partecipante ed un pubblico di non praticanti si identificano col singolo, senza per altro, rinunciare a dire: “abbiamo vinto!” al plurale e a credere di partecipare, alla “gara” con manifestazioni di sostegno e propaganda prima e dopo.

Ora nessuno può negare quante accuse di “infedeltà” e di “eresia” siano state rivolte – ad esempio dalla “sinistra” degli eredi leccesi di San Tommaso d’Aquino – a chi non si acconcia al rovesciamento teorico, storico, culturale e politico a cui è addivenuta la pseudo sinistra e a chi non si rassegna alla perdita della democrazia politico-sociale e all’antipolitica dell’antidemocratico sistema maggioritario-bipolare e uninominale” (e già la parola “uni-nomina” dovrebbe far drizzare i capelli anche a chi non li ha grigi o non li ha affatto).

Così vengono rinverditi, per altro senza dirlo ne forse saperlo, i fasti della famosa “unità di fronte al nemicostaliniana e dell’unità come bene in sé, al di là e al di sopra del fine, nel cui nome si sono perpetrati orrori fisici e politici che continuano con soperchierie, diffamazioni e denigrazioni contro gli “erranti” e non solo gli “errori”, contro gli “eretici” e non solo le “eresie”. 

Ma eresia significa scegliere. Hereo in greco significa scegliere.La parola eresia significa scelta, implica una scelta. Ma come si fa a scegliere se non si sa, tra cosa scegliere, perché si conosce solo ciò che è ma che potrebbe non essere, e non anche ciò che sarebbe e che potrebbe essere ed era già conquistato?

Chiunque voglia lottare contro l’universo delle mistificazioni “populiste”, personalizzanti e presidenzialiste della democrazia, della politica e dei partiti, contro gli arretramenti e confusioni concettuali, teoriche e pratiche di quella a cui si da il nome di “sinistra”, deve cominciare col respingere le nuove verità rivelate, rivitalizzare lo spirito critico, l’uso della ragione propria e della memoria , anche storica.

Anzitutto rimembrando o rinverdendo la storia di come prima si vinceva, non solo in base alla finitezza della propria memoria individuale, ma anche di quella storica e collettiva di tutto un “popolo”, o almeno, del “popolo di sinistra” e del movimento operaio, democratico e di tutto il popolo. Questo per non doversi affliggere delle conseguenze dopo essersi accomodati e accomodandosi alle cause.

Più prosaicamente, non può lamentarsi di dover pedalare chi ha voluto la bicicletta, diciamo così per non far venire il mal di testa a chi di storia sembra non saper più alcun che, ancor più dopo che “gambero” Bertinotti ha decretato che i corsi di formazione e di studio dovevano partire dal 1980 (per sostenere la mistificante tesi della “sconfitta” senza permettere che si capisca come e perché si è invece arrivati a “perdere”). “Gambero” in tutto è retrocesso dal Pci al Psi, da Gramsci a Lombardi, dal partito di massa a quello del capo e di opinione, dalla classe operaia ai ceti medi, dalla Costituzione italiana al sistema tedesco, dal socialismo ad un altro capitalismo, ecc. Egli ha così stabilito che esiste un presente-presente senza passato, e senza futuro, alla faccia del presente-passato, presente-presente e presente-futuro: i tre presenti gramsciani.

Il dopo elezioni di quando si praticava la democrazia e attuava la Costituzione e non si votava per un bisogno corporale, fisiologico, di ricambio, né per il meno peggio dello stesso regime economico-sociale e politico-istituzionale. Ma la sinistra trovò stancante la democrazia e prima della Lega fu contro le autonomie locali come soggetti della programmazione economica nazionale.

Quando si praticava la democrazia era “tremendo”, ma entusiasmante. Tutti gli uomini sono filosofi ma nella democrazia sociale e dei partiti di massa della nostra Costituzione, gli uomini del popolo si dimostravano anche politici e analisti politici sopraffini, accrescendo la democrazia di base e facendo, a livello di massa, quel che oggi fanno demoscopicamente i cibernantropizzati della politica senza una pari intelligenza collettiva e una uguale sapienza a quella propriamente “di popolo”. 

L’analisi del voto durava mesi, diventando e continuando come dibattito politico sulle dinamiche sociali, le tendenze culturali di massa, ecc.: dalla sezione elettorale, alla sezione PCI del quartiere, alla sezione di fabbrica, alla città, alla zona, alla provincia, alla regione, al nazionale, al sovranazionale. Con la sola eccezione di alcune realtà, milioni di persone discutevano, voltando e rivoltando dati e valutazioni dopo che, loro stessi, erano stati i protagonisti che avevano permesso di conoscere i risultati prima di ogni altro e a cui si rivolgevano anche i giornali. Un esercito di partecipanti e di militanti conosceva non solo i “numeri” di ogni singola sezione – dalla Lombardia alla Sicilia – ma le “persone” in carne ed ossa, con cui prima o poi discutevano, ai quali non si diceva “vota per me” che sono più o meno bravo, più o meno bello, più o meno gay, più o meno ebreo, più o meno circonciso, semplicemente non si sapeva e non fregava niente di sapere, parlare o esibire, in politica, le proprie tendenze razziali, religiose o sessuali, “americanamente” derivate: “ebrei, negri e comunisti: Hitler non ha finito il lavoro lo finiremo noi”, è il grido dell’America libera e democratica dal tempo del maccartismo fascista, dei Nixon ed Eisenhower. Il capo della CIA diceva: “la mafia non esiste, in questo paese il problema è solo il comunismo” e mandava a morte, anzi letteralmente friggeva sulla sedia elettrica gli innocenti Rosenberg. Il  maccartismo che non è certo finito con loro, come non è finita l’ideologia americana dei gruppi di pressione e delle lobby private politico-religiose e delle corporazioni economiche e finanziarie che sostituiscono i partiti e il pluralismo politico-sociale, dove esiste l’antitesi federalista al potere dal basso e del popolo e il potere delle élite dei singoli stati federali e presidenziali e dello “stato federale”, cioè uno stato “unico” e “centrale”.

Ma c’era un problema: praticare la democrazia era defatigante e stancante, per i gruppi dirigenti.

I vertici politici e sindacali non ne potevano più di quella “cavolo” di democrazia sociale e di partiti di massa che li costringeva a girare, parlare, motivare, spiegare, giustificare e fare tutto davanti e col popolo “bue” strutturato e la “rozza” classe operaia organizzata. Sognavano la tranquillità elitaria delle dirigenze politiche anglosassoni, in cui, anche se si cambia il padrone, l’asino resta sempre asino. E non si creda che questa sia una forzatura fantastica o un’iperbole, basti osservare solo i “tengo famiglia” dirigenti della “sinistra” per capire. Che fosse stancante è scritto pari pari anche in un volume che raccoglie un dibattito interno alla CISL, dove, a proposito della strategia di lotta per la programmazione democratica dell’economia, ad un certo punto, anche tale Antoniazzi – (lo stesso che capeggia la sinistra ulivista in Consiglio comunale a Milano) – prestigioso segretario milanese della sinistra cislina che criticava “da sinistra” il PCI e la CGIL allora di classe – dice proprio: “ma è troppo faticoso!”. Tale volume l’ho recuperato perché d’abitudine la Cisl ogni tanto buttava via libri e materiali, che io, quando li vedevo “buttati”, recuperavo. E’ così ho “scoperto” che ero “molto pericoloso”, dal resoconto stenografico di una riunione CISL, che era stato buttato e da me recuperato, dove in tal modo mi definiva Ettore Rotelli (sì, il costituzionalista ora di Forza Italia che insegna all’università di Pavia) il quale, dopo aver ascoltato e letto la mia relazione ad un convegno regionale: “Quale stato per quale sviluppo: riforma delle autonomie e programmazione economica“, (IRES –Cgil), motivava ciò col fatto che ero contro il comprensorio c.d. “ente intermedio”, e “addirittura rilancia” le autonomie locali come soggetto della programmazione economica nazionale, di cui, per Costituzione, era la Regione ad essere Ente intermedio che deve rappresentare presso il centro nazionale le istanze di enti locali e territori, piuttosto che fosse un comprensorio – oltretutto di secondo grado – a farsi strumento della regione per calare, tecnocraticamente, gli indirizzi della stessa, ricevuti dal governo centrale. Questa annotazione potrebbe forse essere utile a Vendola a cui, nella trasmissione di G. Ferrara, non è riuscito di dire e spiegare che il procedimento che lui chiamava di partecipazione dal territorio è quello che la Costituzione chiama programmazione, Vendola, invece, lo ha confuso, speriamo solo linguisticamente, con concertazione (sic), mentre il suo approccio, pur opportunamente opposto a quello di Fitto (ma che è un po’ di tutti), resta un afflato se non si sanno collegare ad esso i mezzi, le linee politiche e gli strumenti istituzionali, indicando come attuare tale approccio. Certo bisogna essere consapevoli del rischio che, come capita spesso a chi ascende nelle istituzioni, nella pratica e nella logica del potere istituzionale e di burocrati e tecnocrati marpioni e pressioni dei forti poteri e interessi d’impresa, gli facciano fare ciò che vogliono senza nemmeno che se ne accorga.

Quando c’era la democrazia, il voto non era guidato da un bisogno corporale, fisiologico, di ricambio, né, si votava per il meno peggio dello stesso regime economico-sociale e politico-istituzionale.

Mutatis mutandis, sarebbe quasi come scegliere tra Ciano e Farinacci. Il primo, senza dubbio, era meglio del secondo e anche più colto, presentabile, cortese, intelligente, a lui facevano riferimento, come a Bottai, tanti intellettuali poi diventati progressisti ed, in seguito, anche comunisti, come Vittorini e Ingrao. Ma Ciano e Farinacci erano pur sempre dello stesso Gran Consiglio, così come la “sinistra fascista” era meglio della “destra”, ma era pur sempre “fascista”, anche se era anticapitalistica e sociale, persino più sociale e più anticlericale della “sinistra” di oggi che non è più di classe ed è, invece, acriticamente partecipe del mediatico tsunami papale. “Sinistra” di oggi, che forse non avrà nemmeno il ravvedimento che la sinistra fascista iniziò ad avere, poco per volta, dopo il Concordato e la guerra contro la Repubblica spagnola, repubblica democratica che, una lenza del giornalismo italiano, che si dice “storico”, Giordano Bruno Guerra, non più di 3 giorni fa chiamato dal Pavone (detto Cecchi) che fa la “Grande storia” su rete 4, ha avuto l’onestà e l’ardire di “svelare” che fu un bene stroncare sul nascere perché “se così non fosse stato pensate cosa avrebbe significato avere nell’area latino-mediterranea una Repubblica comunista”. Tutto questo, per sovrapprezzo, per motivare come “per fortuna il maccartismo stroncò sul nascere il comunismo in America, altrimenti si sarebbe senz’altro diffuso anche negli USA”. In questo modo in un sol colpo ha giustificato sia quello che, con gli stessi motivi, faceva lo stalinismo, sia che il fine giustifica ogni mezzo, due cose che, ipocritamente, tanto la “destra” che la “sinistra” dicono di deprecare quando gli fa comodo. A riprova, diciamocelo, che solo noi, e pochi altri, saremmo finiti male se, invece di capitare nell’Italia della Costituzione democratica ed antifascista, ci fossimo trovati a vivere nelle forme diverse, ma equivalenti del maccartismo e dello stalinismo.

E oggi tornano anche i craxiani.

Non solo i Marazzo, ma persino i Del Turco, uno che oltretutto è quasi senza uguali per inintelligenza, per chi come noi l’ha conosciuto in CGIL.

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“Flessibilità, tagli Irpef, liberalizzazioni, privatizzazioni, ponte di Messina”, e chi più ne ha più ne metta. Fassino conferma ciò che già si sapeva: “dobbiamo soddisfare la domanda di modernizzazione che Berlusconi ha deluso dice al Corsera il 7-4-05. Mentre il giornale “Il Riformista” del 6-4-05 scrive: “se il nostro Tony Blair si chiama Nichi Vendola”…

“Siamo stati noi ad abolire la tassa di successione” dice Fassino. Appunto! Bravo! La successione e le questioni ereditarie furono le partite su cui si giocò la rivoluzione Americana e il suo rovesciamento operato dalla Costituzione USA. “Riprenderanno privatizzazioni e liberalizzazioni?” Chiede il giornalista a Fassino. Risposta: “La più grande quota di privatizzazioni l’abbiamo fatta noi. Il centro destra le ha fermate”. Appunto! E noi cosa abbiamo sempre detto? “L’Italia – continua – ha bisogno, al contempo, di più mercato (sic) e più politiche pubbliche (?) privatizzando le municipalizzate (!!!), i servizi di pubblica utilità (pazzesco!) e liberalizzando gli ordini professionali”. A Fassino e a ciò a cui si da il nome di “sinistra” si addice ciò che Herzen diceva dello Zar Nicola a cui dedichiamo ancora una volta: come tutto ciò che non ha basi storiche, non solo non è conservatrice, ma ama le innovazioni alla Follia. Non lascia sussistere nulla in pace, ed anche se migliora di rado, cambia senza tregua“.

La “sinistra” si dice contro le modifiche alla Costituzione italiana, ma vota – e per altro senza nemmeno dibattere nel Paese – una c.d. “costituzione europea” che la nega e la aggira del tutto e che cancella la “sovranità popolare”.

Dopo l’approvazione definitiva da parte del Senato, a Radio Parlamento, Dini che, notoriamente, è uomo del popolo e collegato al popolo, ha detto: “il popolo italiano è da sempre favorevole all’Europa e alla Costituzione europea”. Mai visto alcun “popolo” italiano che inneggiasse all’Europa e tanto meno a quella dei mercati sancita dalla “Costituzione” UE. Ma Dini fa, insomma, già riferimento alla “Costituzione europea” invece che a quella italiana, per questo intende per “popolo” la c.d. “opinione pubblica”, cioè l’ideologia delle classi dominanti veicolata dalle élite politiche e culturali ed espressa dai giornali. Quella “O.P” (che non è il sagace investigatore dell’intreccio tra criminalità comune ed economica e politica americana dei romanzi di Hammett) con cui appunto la “costituzione” UE sostituisce il popolo abrogando la “sovranità popolare”.

Quando c’era la democrazia…ultima modifica: 2012-01-21T08:10:00+01:00da iskra2010
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