Agli studenti e ai docenti di “Arte & Messaggio” per la giornata della Memoria.

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Da fatti realmente vissuti e raccontati da testimoni oculari

Milano, cinema Apollo, 6 gennaio 2012. Sergio Ricaldone ricorda.

Considerato il tema proposto dal film e la “Giornata della memoria” dovrei raccontare le esperienze di deportato nei lager nazisti, non da ebreo in quanto sono stato catturato nel pieno di un’azione partigiana. Ma la differenza non è poi tanta.

Credo però che di queste storie sugli orrori dei lager ne abbiate ascoltate, viste e lette in abbondanza. Vorrei perciò evitare di riproporvi il solito copione che sicuramente è meno interessante del bellissimo film che andremo a vedere.

Film importante per la storia drammatica che ci racconta e perché ci accompagna oltre la nostra visione un po’ provinciale e italo centrica della Resistenza e ci mostra, nella sua versione francese, una dimensione più europea, storicamente più corretta. E siccome l’Europa è un tema ricorrente dei giorni nostri vorrei ricordare come era invece quella che abbiamo conosciuto noi, settanta anni fa, ai tempi della seconda guerra mondiale.

Allora tutto il continente, da Capo Nord al Mediterraneo e dal Volga alla Manica giaceva sotto il tallone di ferro dei nazisti. Diventata totale, la guerra non poteva non assumere il carattere di una lotta di liberazione comune di Stati e di popoli, con sistemi sociali e politici diversi, saldamente coalizzati contro il pericolo mortale rappresentato dal nazifascismo. Perciò una lotta con profonde motivazioni universali, la civiltà contro la barbarie e la libertà contro la schiavitù, che ha coinvolto non solo gli eserciti combattenti ma gli stessi popoli dei paesi aggrediti rendendoli partecipi, con la lotta armata, delle vicende militari che hanno sconvolto l’Europa per cinque lunghissimi anni.

Mi prendo qualche libertà e azzardo perciò, insieme alla mia testimonianza di partigiano, un bilancio. Bilancio di un quasi novantenne che, per ragioni biologiche, sta per lasciare questa “valle di lacrime” e si domanda – mi domando – se le decisioni prese 70 anni fa di combattere, prima con le armi, poi, dopo che cessarono gli spari, per dare all’Italia una bellissima Costituzione, scritta col sangue di 48 mila partigiani massacrati o caduti in battaglia, ne sia valsa veramente la pena.

La domanda non è retorica poiché ho l’impressione di essere imbarcato oggi, come tutti voi, su un Titanic chiamato pomposamente Europa che sta affondando, e mi domando a cosa siano serviti decenni di lotte politiche e ideali del movimento operaio italiano. Mi domando come, quando e perché le grandi conquiste sociali e politiche, costateci lacrime e sangue, siano state spazzate via. E quanto sia difficile mantenere in vita gli stessi ideali in cui crediamo. In questa Europa così diversa e cosi spietata con i vostri sogni di giovani e le vostre speranze.

Resistenza, Antifascismo, Costituzione sono le fondamenta su cui vorreste edificare il vostro futuro. Ma la destra è al potere in tutta Europa e, pur nelle sue differenze, nega e sopprime i valori della nostra cultura resistenziale. E la verità storica è la prima vittima di questa cancellazione che fa da battistrada a tutto il resto.

Anche il giorno della memoria serve a stemperare, a scolorire, a far dimenticare il vero, reale contesto storico di 65 anni fa.

Aushwitz è senza dubbio un monumento esemplare alla barbarie del nazismo e il celebrarne la liberazione rappresenta un doveroso omaggio e una sorta di palingenesi del popolo ebraico. Però attenzione! Un corretto ricordo dovrebbe almeno accomunare i liberati con i liberatori e raccontare senza reticenze quel che accadde quel 27 di gennaio 1945, quando due soldati dell’Armata Rossa si avvicinano di buon mattino alla barriera di filo spinato che circonda il campo di Auschwitz. Aprono il cancello, entrano e si trovano davanti l’ennesimo spettacolo simile e agghiacciante come quelli già visti durante la loro lunga marcia nei territori liberati.

Le immagini di Auschwitz le abbiamo viste, riviste e condannate negli ultimi decenni e continueremo a farlo nei prossimi anni, ma sono solo un parte del pesante bilancio di vite umane pagate dai soldati che liberarono quel campo, bilancio che supera di quattro volte i sei milioni di vittime dell’olocausto.

Quei due soldati che ho ricordato appartenevano al gruppo di armate del primo fronte ucraino comandate dal maresciallo Koniev. Avevano fatto molta strada prima di arrivare in quel piccolo villaggio polacco, davanti a quel filo spinato. Erano partiti da Stalingrado un anno prima, dopo che (come ha raccontato Pablo Neruda nel suo Canto generale) il sangue di più di un milione di giovani sovietici avevano colorato di rosso le acque del Volga e le rovine della città, prima di avere annientato la sesta armata nazista di Von Paulus e capovolto le sorti del secondo conflitto mondiale.

Poi, quegli stessi soldati, hanno dovuto camminare per quasi tremila chilometri, combattendo e vincendo contro i panzer di Hitler le più feroci battaglie di tutta la guerra europea, lasciando sul terreno ancora milioni di morti prima di liberare la Polonia e di arrivare davanti a quel famoso cancello.

Tutta la lunga marcia di quei soldati è punteggiata da centinaia di altri spettacoli agghiaccianti allestiti dai killers con la svastica e compiuti senza la razionale perfezione industriale dei forni crematori e delle camere a gas di Auschwitz ma con mezzi più spicci e artigianali come il colpo alla nuca. Migliaia le fosse comuni, con milioni di corpi sepolti, segnano la ritirata nazista dai territori invasi dell’Ucraina e della Bielorussia. Sotto quei cumuli di terra sono stati sepolti i corpi massacrati di vecchi, donne, bambini, prigionieri di guerra, commissari politici, partigiani operanti alle spalle del nemico. La loro colpa quella di essere, oltre che ebrei, anche comunisti o più semplicemente russi che amavano il loro paese. Dunque, “undermenchen”, ovvero razze inferiori, sottouomini che bisognava sterminare.

Da vecchio partigiano devo molto a quelle “razze inferiori”. La nostra idea di resistenza è infatti germogliata durante gli scioperi di marzo, nel 1943, a Milano, Torino e Genova, non a caso due mesi dopo la fine della battaglia di Stalingrado e si è concretizzata dopo l’8 settembre quando l’Armata Rossa stava già dilagando verso ovest.

Come tutte le guerre anche quella combattuta nelle nostre città occupate dai nazifascisti non è stata un pranzo di gala ma una guerra spietata, una pratica di lotta estrema che dovevi imparare presto e bene. Sei solo e circondata da un nemico che non fa prigionieri. La pistola e l’esplosivo, gli agguati e gli attentati erano i mezzi con cui combattere l’invasore che occupava le città con la potenza soverchiante dei suoi panzer, la ferocia delle SS e dei brigatisti neri al loro servizio. Sai che sotto quelle divise ci sono belve feroci che hanno torturato, impiccato i tuoi compagni di lotta, hanno incendiato e raso al suolo villaggi, massacrato donne, vecchi e bambini senza alcuna pietà. Sai che se cadrai nelle loro mani non avrai scampo. Quella ferocia l’abbiamo subita quando siamo caduti nelle mani dei torturatori neri e della Gestapo e poi inviati incontro alla morte nei campi di sterminio.

Da fatti realmente vissuti e raccontati dai testimoni oculari, ormai in via di sparizione, Resistenza e antifascismo si stanno trasformando, come è giusto che sia, in cultura storica, e perciò percepiti oggi dal senso comune in una dimensione diversa. Ma anche esposti al rischio di manipolazioni interpretative. E questo toglie valenza anche all’entità geopolitica complessiva di un fenomeno che è stato soprattutto europeo ed ha riguardato i popoli dell’Europa intera. Quella di allora beninteso non quella di oggi, ossia quella delle banche che riduce tutti voi a dei senza lavoro, precari per tutta la vostra vita futura.

E’ un ciclo involutivo che sta entrando in una fase molto preoccupante. Non è più solo revisionismo ma si chiama più realisticamente negazionismo. Ed è la fase terminale di un lungo processo di distruzione della memoria storica.

La liberazione dall’invasore diventa guerra civile, la risposta armata dell’aggredito all’aggressore diventa terrorismo, i partigiani sono canaglie, ladri, assassini, stupratori, si chiede uguale rispetto per i morti, siano vittime o carnefici. L’aveva intuito Jean Cocteau quando ha scritto che la storia sono fatti che finiscono per diventare leggende e le leggende sono bugie che finiscono per diventare storia.

Ricordo, per inciso, di avere parlato dell’argomento nel 1966, con Gillo Pontecorvo, (vecchio compagno di lotta partigiana), all’uscita del suo film, “La battaglia di Algeri”, quando ad una mia domanda mi rispose che, tra le tante ragioni che lo avevano spinto a raccontare la resistenza del popolo algerino, aveva il fondato timore che, prima o poi, tutte le guerre di liberazione, inclusa quella che avevamo combattuto insieme, sarebbero state catalogate come terrorismo, criminalizzate e poi dimenticate. Parole profetiche.

Ricordo che mentre migliaia di gaglioffi nazifascisti sono stati sottratti alla giustizia e poi arruolati nella Cia, nella Nato e nella Gladio, un resistente come Nelson Mandela è stato iscritto nel registro dei terroristi tenuto dalla Cia persino quando è diventato Presidente del Sudafrica.

Chi ha fatto le spese di questa catarsi ideologica sono stati gli altri movimenti di liberazione come l’Algeria, il Vietnam, la Palestina, l’intera Africa australe e mezza America latina.. E ora alimenta i movimenti neonazisti che stanno formandosi e dilagando in molti paesi dell’Eurozona.

La cosa un pò curiosa è che dopo decenni di bombardamento mediatico europeista il futuro del vecchi continente che ci viene presentato è quello di una grande casa comune, o meglio un giardino fiorito di nazioni democratiche e pacifiche, rispettose le une della altre, dalle cui culture sarebbero stati sradicati una volta per tutte i fantasmi dei 4 cavalieri dell’Apocalisse che hanno funestato il 20° secolo : il nazifascismo, l’antisemitismo, il razzismo, la guerra.

Il guaio è che ciò che rimane dell’illusorio progetto di Unione Europea è l’immane disastro che stiamo vivendo e pagando. Abbiamo una magnifica Costituzione (forse la più avanzata del continente) ma subiamo, senza via di scampo (come tutti i paesi dell’Unione Europea) il potere delle banche, centrali e non. La destra, intesa come braccio secolare del capitale finanziario (e madre prolifica dei movimenti neo nazisti) è al potere in tutta Europa.

I 4 cavalieri dell’Apocalisse rispuntano e dilagano. Ci ritroviamo a fare i conti con il nazifascismo, il razzismo, l’antisemitismo. Persino con la guerra. Anche se per ora le bombe ci limitiamo a scaricarle su Tripoli in nome di una democrazia diventata merce di esportazione. Però attenzione ! I bilanci militari sono in crescita e prima o poi un nemico contro cui usare queste armi, la Nato e il Pentagono lo troveranno e vi offriranno un lavoro mettendovi in mano un fucile. Le prossime tappe delle future guerre sono Damasco e quasi sicuramente Teheran.

Sta a voi rifiutare questa prospettiva. Non abbassate la guardia e difendete il vostro diritto a un futuro di lavoro sicuro e pacifico. I veri nemici non sono i popoli di altri continenti ma i banchieri e i padroni “modello Marchionne” che parlano la nostra lingua ma negano i vostri diritti, la vostra dignità e vi vogliono servili e ubbidienti. La vostra ultima trincea democratica è la Costituzione della Repubblica così come è stata scritta col sangue di 48 mila partigiani caduti perché l’Italia rispettasse il futuro delle giovani generazioni.

Agli studenti e ai docenti di “Arte & Messaggio” per la giornata della Memoria.ultima modifica: 2012-02-23T11:44:00+01:00da iskra2010
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