Il ruolo della “sinistra” nello snaturamento della democrazia italiana.

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di Angelo Ruggeri

La Lezione della storia.

Lungi dal rinunciare alla propria autonomia, si tratta di porre il problema di una unità e di una “sinistra” che riprenda a fare quella lotta per l’egemonia e il “blocco storico” dalla cui ripulsa deriva la rinunzia all’autonomia culturale che è la causa prima che ha portato al degrado e alla progressiva deriva della democrazia e della conquista di potere sociale dei lavoratori, a favore di un potere d’impresa nazionale e sovranazionale unico e solo protagonista di una lotta di classe “unilaterale” contro i lavoratori.

 

Quale unità per quale sinistra

UNITA’ DI CLASSE O TRASFORMISMO GUIDATO DAI VERTICI?

Giusto un anno fa, sul Lavoratore/oltre (“Cristo si è fermato ad Eboli e Gramsci a Gorgonzola”), criticavamo il trasformismo di una sinistra che, mentre appoggiava la giunta leghista di Varese, proponeva poi un trasversalismo, privo di ogni identità forte che desse una sostanza all’alternativa.

La novità ora è che, anche a Varese, il “Partito Comunista” di Rifondazione ha assunto quella che già era la linea della sua destra interna e del Pds accettando il trasversalismo occhettiano.

In questo modo, ignorando oltretutto, la specificità di una Provincia che è, al contempo e forse non casualmente, la patria originaria della Lega di Bossi (di cui, al Congresso provinciale, poco si è parlato e ancora meno analizzato) e sede della Federazione Pci-Pds con i vertici più di destra e più ampiamente coinvolti nella corruzione tangentizia.

Insomma, un po’ come all’epoca del governo delle astensioni del ’76, si rischia di copiare pedissequa-

mente, i comportamenti del Centro nazionale, applicando i “contrordini” senza alcuna originalità e sforzo politico che non sia un semplice “obbedisco”.

Confinati in un ruolo di mera ratifica di ciò che i vertici avevano già deciso, il dibattito congressuale è vissuto nel senso di una profonda lontananza, che ci ha fatto più assistere che partecipare. Abbiamo così assistito al pidiessino segretario provinciale della Cgil che ammoniva i congressisti ad avere il coraggio (Sic!) di perseguire l’ unità sindacale di vertice con D’Antoni e Larizza: senza un briciolo di autocritica rispetto ad accordi recenti tra Ciampi – uomo e Cassiere del grande capitale – e quelle che vengono indistintamente chiamate “parti sociali”, con padroni e sindacati unificati, come nelle corporazioni fasciste, da meccanismi di collaborazione di classe, come la concertazione triangolare e la cosiddetta codeterminazione. Abbiamo, insomma, assistito alle esortazioni unitarie di chi dice -come la Lega – che si può democratizzare il capitale con la democrazia economica – ma non si può democratizzare lo Stato, che sarebbe solo da privatizzare; di chi dice che non ci sono più i padroni nel settore privato, ma hanno inventato i padroni nel pubblico con i manager e la privatizzazione del rapporto di lavoro.

Abbiamo assistito al segretario provinciale del Pds che esortava all’unità politica di vertice per formare l’ala progressista della destra, elogiando, a tale proposito, la Rifondazione varesina che aveva accettato di mettersi “a tavola” con loro, finalmente abbandonando i motivi di divisione della recentissima campagna elettorale provinciale.

Due facce della stessa medaglia: chi ha rinunciato ad attaccare il potere mafioso dell’impresa esorta i comunisti all’unità sindacale con Cisl e Uil; chi ha

delegittimato la prima repubblica e la costituzione antifascista e si appresta a sposare la seconda repubblica della P2, di Craxi,Miglio e dei fascisti, “per opporsi alla destra”, esorta i comunisti ad unirsi con

quella sinistra che, raccogliendo le firme per i referendum antiproporzionale, ci ha ridotto ad essere una Repubblica semiparlamentare in cui vota meno del 50% e trionfano cultura, politiche e organizzazioni della destra. Tutto questo con strumentali motivazioni che il Pds ha riproposto, pari pari, ai congressisti comunisti. Separando teoria e prassi, il segretario del Pds ha infatti sostenuto che, bontà sua, il proporzionale puro -che non c’è mai stato- era in linea teorica il più democratico, ma questo ha favorito la DC. Assolvendo cioè le varie Gladio, trame occulte nazionali ed internazionali, sistemi di potere tangentizi in funzione anticomunista, ecc., il Pds ignora totalmente che, invece, la DC ha costruito il suo regime, trasformando la proporzionale in un maggioritario di fatto, attraverso la conventium ad escludendume con i “poli” di apparentamento centristi, di centrosinistra e di pentapartito, creando, di fatto, due stati in uno.

E’ quindi evidente una volta ancora, che l’unità governativistica ed elettoralistica, nasce da una ribadita volontà di proseguire diabolicamente nei propri errori, da parte di una sinistra che come è accaduto con Rutelli a Roma – che come la Lega a Milano con Vitale ha affidato a Mortillaro, uomo del grande capitale, i trasporti urbani-, pretende di opporsi alla destra e alla Lega facendo quello che fanno la destra e la Lega.

Il pericolo di destra nasce quindi dal fatto che tutti stanno e si muovono sul terreno della destra; nasce dal fatto che, come la storia e i fatti insegnano, in Italia come in Europa o in Russia, quando vengono meno i comunisti, avanzano i fascisti.

I pericoli di destra come le gravi conseguenze occupazionali ed economiche nascono dai rovesciamenti strategici e di campo del Pci-Pds e della Cgil che hanno posto in primo piano la questione del governo e delle “riforme istituzionali” autoritarie anziché la lotta di classe. Nascono dalla scelta di Trentin e Del Turco di fare del sindacato la casa comune per l’unità di una sinistra interclassista e non più di lotta e di classe, che invece delle lotte raccoglie firme per petizioni e referendum che si sanno destinati ad essere cestinati e che, in ogni caso, come per la sanità, si proponevano quello che voleva il Pds, cioè di non abrogare il manager e le forme privatistiche di organizzazione sanitaria che quel partito di sinistra persegue, più di ogni altro, anche nella scuola.

Il pericolo di destra nasce dal fatto che la cosiddetta sinistra non fa un’autonoma analisi del capitale, ragion per cui se un Pds si schiera con entusiasmo a favore delle privatizzazioni, Rifondazione dice che vanno valutate caso per caso ponendosi sullo stesso terreno.

Chi è destra e chi sinistra? Ci sono privatizzazioni di destra e privatizzazioni di sinistra? E quali lotte si potranno mai proporre contro le aziende sanitarie della destra in nome delle aziende sanitarie della sinistra? E se la sinistra fa una politica di destra non è più di destra ma diventa di sinistra? Ecco perché la gente non capisce più niente e vota a destra. Tanto più se questa destra esprime le potenzialità di un movimentismo di massa come la Lega o si propone difensore della scala mobile, come il Movimento sociale.

Il pericolo di destra è una sinistra che propone il “polo”, come passaggio per arrivare ad una legislatura costituente della seconda repubblica, che prepari un regime di partito unico formalmente articolato in uno “Blanco” e uno “Colorado”, per andare al governo previa autorizzazione del capitale garantito da un sistema, ormai, di competizione “sportiva”, o di concorrenza “commerciale”, con programmi ragionevoli che, in larga misura, si sovrappongono tra loro. Tutto questo per conquistare i voti moderati a candidati che, eletti da destra o da sinistra, governeranno dal centro di governo in convergenza con l’ideologia dell’impresa. Così si torna al trasformismo della Sinistra storica dell’ottocento, con Occhetto o Napolitano, o Ciampi, o Pasquino, o Salvati (candidati Premier dei progressisti), nei panni di De Petris, che, per raggiungere la maggioranza e governare, privatizzava le ferrovie conquistando i favori della destra moderata, ma fornendo altresì argomenti a chi diceva che la “Sinistra non è che una Destra peggiorata”.

Di fronte a ciò, lungi dal rinunciare alla propria autonomia, si tratta di porre il problema di una unità e di una “sinistra” che riprenda a fare quella lotta per l’egemonia ed il “blocco storico” che non si fa più e che, copiando da noi, fanno da destra fascisti e leghisti, tanto che si parla di gramscismo di destra.

La questione non è se andare o non andare ad una unità, ma se andarci con alcune pregiudiziali, ad incominciare dalla reintroduzione del proporzionale, oppure no. Sapendo che, non noi ma loro, sono in stato di necessità e che devono convincerci ad accettarli e non viceversa.

Di questo non si è discusso affatto al Congresso di Rifondazione, facendo invece una discussione falsa tra l’opportunismo di chi vuole una unità solo elettorale e chi la vuole anche politica e di governo. La questione non è di subire, ma di collegare la tattica elettorale con la strategia futura. Sapendo anche, con Marx, che “bisogna avere il coraggio di sacrificare il successo momentaneo a cose più importanti” e che “un partito rimane vincente quando si scinde e sa sopportare la scissione”.

Angelo Ruggeri – Centro Il Lavoratore

(settimanale il lavoratoree del 29/1-7/2 febbraio 1993.)

Il ruolo della “sinistra” nello snaturamento della democrazia italiana.ultima modifica: 2012-04-16T08:37:00+02:00da iskra2010
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