ALLARME SON LEGHISTI !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Miglio Gianfranco e Bossi Umberto.jpg

di Angelo Ruggeri *

 

Il callido leghismo del democraticista PD su cui tace la “sinistra” vendoliana “radicale” e la FdS “pseudo- comunista” callidamente  federaliste,  maggioritarie, presidenzialiste, individualiste (dal sindaco elettivo al governatore regionale, al “senato federale” del notabilato locale, ai diritti civili individualisti da sempre bandiera del pannellismo esaltatore del mercato e del liberalismo capitalistico, al premierato, ecc.)

Mentre il PD tenta uno scambio leghista con la Lega che pur di ottenere l’appoggio del PD sul federalismo fiscale, sarebbe disposta a far cadere il governo Berlusconi subito dopo l’approvazione  del provvedimento che vogliono assolutamente intascare non già per il Paese ma come “roba” di  “Cosa nostra”, in fondo e sotto questo pezzo e in allegato “PROMEMORIA PER I LEGHISTI DI SINISTRA: “IL FASCINO DISCRETO DELLA PICCOLA BORGHESIA”; “PROFONDO NORD-OVEST”; “CRISTO SI è FERMATO AD EBOLI E GRAMSCI A GORGONZOLA”; “SEI SIGNOR NESSUNO ALLA GUIDA DELLA PRIMA GIUNTA LEGHISTA”; “IL FASCINO DISCRETO DELLA GRANDE BORGHESIA”; “ALLARME SON LEGHISTI”, che abbiamo scritto per il settimanale “Il Lavoratore” quando con l’appoggio determinante dato dal Pds, si legittimò e iniziò l’inserimento della Lega nelle strutture della società e dello stato, nacque la prima giunta leghista e sempre con l’appoggio Pds-Ds-PD si propagò la gestione e la penetrazione leghista nelle istituzioni locali, regionali e nazionali: senza che alcuna c.d. “sinistra” politica o giornalistica denunciassse il fenomeno per quel che effettivamente era. Da allor ad oggi la “sinistra” continua ad essere culturalmente leghista, attardandosi ancora a criticare al massimo solo le manifestazioni più esteriori, simboliche della Lega – razzismo, antimeridionalismo, ecc. – e non criticando ma anzi legitimando e spesso copiando o avvallando quello che è è il vero nucleo fondativo e strategico delle Leghe originato dall’ideologia d’impresa che ovviamente è quello della grande impresa (la Fondazione Agnelli fu la prima a proporre per prima e a lanciare poi il federalsimo!!!) , e cioè il leghismo economico e istituzionale, la c.d. “modernizzazione” economica  e istituzionale il cui progetto e strategia globale della cultura e del potere d’impresa ha nella Lega l’ala marciante di tale progetto per il cui obbiettivo Berlusconi o Marchionni, Tremonti o Fini, Bersani o Veltroni o d’Alema e ancor più  i Savoiardi e Albertini, Chiamparino o Fassino, per Lega pari sono. Nel silenzio callido della “sinistra” che del resto abrogando il PCI ha spalancato le porte e lasciato totalmente libero il campo sociale del territorio che oggi è totalmente occupato dalle Leghe (al plurale), dal Rotary e dalla criminalità organizzata, dalle massonerie e dalle Mafie di cui, che mano a mano che il PCI cresceva si “vedeva” le dita della loro mano ritrarsi progressivamente dal territorio.

Modernismo reazionario” nel leghismo e nella sinistra filo-leghista e gli elementi di germanismo-nazismo nelle leghe.

ALLARME SON LEGHISTI !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! *

Come mai, per una intera settimana, il manifesto ha titolato “Allarme son fascisti”, ma non ha mai titolato “Allarme son leghisti”? Come mai, anzi, le “sinistre”, soprattutto quella borghese, hanno della Lega spesso avvallato le logiche, appoggiato le giunte, l’hanno inseguita sul suo terreno arrivando persino a dire esplicitamente che “ha ragione”, come si fa più volte nel programma del ’92 del Pds (L’Italia verso il 2000, E.R.)?

Forse che le “sinistre” sanno riconoscere il fascismo solo se agita manganelli e olio di ricino e se porta la camicia nera ma non anche quando porta la camicia bianca? Questo anche quando cangiando spesso il bianco in nero, la Lega nel suo divenire, esprime l’invidia verso il potente e l’odio sociale verso il proletariato, come il fascismo; anche quando grida “abbasso lo Stato e viva l’individuo e il privato”, come il fascismo; anche se è mutevole e dichiaratamente teso ad usare tutto come “grimaldello per scardinare il sistema”(Bossi), per legittimarsi e delegittimare, come il fascismo e perché solo”quando tutti i meccanismi saranno sfasati, è allora che si dovranno prendere delle decisioni” (Miglio). 

Occorre saper “Trovare la reale identità sotto l’apparente differenzialismo e contraddizione”, diceva Gramsci. Ad esempio si dovrebbe vedere che, tra le forme del potere fascista e quelle del sistema anglosassone c’è solo differenza apparente, perchè in realtà, in entrambi, c’è uno solo che comanda. Questo se non ci si fa abbagliare dalle apparenze.

Da dove deriva allora, la difficoltà a cogliere, mutatis mutandis, la similitudine tra un movimento reazionario “di massa” come la lega e un movimento reazionario “di massa” come il fascismo? E’ solo perchè anche le sinistre sono state, come le Leghe, per “il piccolo ma bello” sopratutto nelle “zone rosse”? Perché anche le sinistre, prima della Lega, hanno parlato di interclassismo e di corporativismo, praticandoli? O solo perché, le stesse sinistre, scambiano il federalismo, anziché per il centralismo che è, per quelle “autonomia” che ha contribuito ad affossare abbandonando la lotta per la “riforma democratica dello stato” e abbracciando le “riforme istituzionali” di Miglio, di Craxi e di Segni?

In verità, la questione delle Leghe, “evidenzia i limiti dei soggetti” che hanno cercato di confrontarsi e capire il fenomeno e, in generale, i loro limiti teorici e politici, la loro insufficiente capacità di analisi e di interpretazione della realtà che si rivela anche a questo proposito.

Chi più chi meno, le sinistre sono “vittime” e prigioniere di una cultura e di una analisi settoriale e monotematica diffusasi negli anni 80 con i “moderni” movimenti post-industriali , che si muove non più sul terreno di classe ma dei “nuovi bisogni” post-materiali settorialmente intesi, come l’ ambiente, il femminismo, la pace, l’antirazzismo e così via post-materializzandoUna cultura che risente de “La cultura del narcisismo – l’individuo in fuga dal sociale in un’età di disillusioni collettive” (C. Lasch, Bompiani), che imperversa dal decennio scorso. E si sa che, come dice Marx parlando del soggettivismo: “quando il sole generale tramonta, la farfalla notturna cerca la lucerna del privato”, del particolare separato dall’insieme.

Un partito potenzialmente di massa (reazionario di massa) sostituto dei partiti e movimenti democratici di massa fondatori della Repubblica

Le leghe non sono però interpretabili alla stregua dei movimenti e delle organizzazioni degli anni 80, perchè all’opposto di quei movimenti il successo delle leghe si alimenta con l’ideologia (d’impresa) e con quei caratteri potenzialmente di massa che sono stati abbandonati dai nuovi movimenti e dai partiti tradizionali della sinistra. Le Leghe, certo, si nutrono – tanto che in parte lo recuperano a se – del particolarismo, del settorialismo, del corporativismo e del localismo dei movimenti degli anni ’80. Ma rifiutano la loro accentuazione apolitica e ne rovesciano i termini, sottraendosi al subalterno rifiuto dei nuovi movimenti e del pensiero “debole” della sinistra, ad occuparsi di tutto come è proprio della politica.

I

l terreno su cui si muovono le leghe sono i bisogni materili (dal fisco ai servizi, e collegati alle questioni del potere dello Stato) abbandonate dalla sinistra. Da qui un consenso che affonda anche nelle radici materialiste della cultura operaia. Le leghe inoltre evocano il modello storico del partito di massa, fondato sul forte senso della militanza, dell’appartenenza e della rappresentanza sociale degli interessi, proprio nel momento in cui a sinistra e nel Pci, si dice che non ha più senso il partito di massa e la rappresentanza degli interessi di classe.

Le leghe si manifestano quindi anche come portatrici di un bisogno irrefrenabile, che il Pci e le sinistre non soddisfano più e operando una scelta economica e materiale tutta giocata sul terreno politico, recuperano da destra il valore e la passione per la politica. Mentre fingono una apoliticità che prende sul serio solo chi a sinistra parla di “governo dei competenti” (ora la Lega parla di “professionismo politico”).

Partendo dalla ideologia dell’impresa interpreta e rafforza politicamente la diffusa tendenza aziendalista a pervadere lo Stato e la società. Così è cresciuta e rimasta in campo, solo una teoria e una prassi di destra della società e dello Stato, a fronte di una secolarizzazione e abbandono da parte delle sinistre, di ogni teoria organicamente anticapitalista della società e dello Stato.

Con tali limiti si è stati e si continua ad essere portati ad isolare un singolo aspetto specifico, anziché operare una analisi organica e una valutazione globale dei problemi, arrivando così anche ad una interpretazione sociologica e riduttiva della Lega. Come quella che, nell’analisi della Lega Nord, porta a dire che “occorra partire dall’analisi della composizione sociale che le sta dietro”, per “evitare innanzitutto di cadere nello stereotipo che legge questo fenomeno solo come espressione fascista e razzista” (A. Bonomi, Paper Conferenza a Tradate, 12/11/93). Come se il solo e tutto questo non valesse, allora, anche per il fascismo.

Col sociologismo e una analisi della composizione sociale non si capirebbe nemmeno il fascismo che era altrettanto interclassista della Lega , fascismo che aveva il 20% di operai persino iscritti e milioni che votavano per lui, come nel referendum del 1928 quando il 79% dei voti, plebiscitò la cancellazione del Parlamento. Non si capirebbe che il fascismo fu anche e sopratutto una “cultura”, un “sistema ideologico compiuto”, formatosi ben prima del 1914, nella Francia di fine secolo e nell’Italia del primo Novecento, né si capirebbe che il fascismo, fu il prodotto della crisi delle due grandi ideologie ottocentesche – il liberalismo e il socialismo – e della fusione di processi culturali diversi come la massificazione dell’estrema destra e il revisionismo antimaterialistico dell’ estrema sinistra, così come si potrebbe dire, quasi con le stesse parole, che il leghismo è il prodotto della crisi o dell’abbandono delle due grandi ideologie del novecento – il cattolicesimo e il comunismo – e della revisione antimaterialistica della sinistra degli anni 80 e di prima ancora.

Figli della cultura aziendalista degli anni ottanta.

Contrariamente a quanto alcuni fanno, non è dato capire il leghismo partendo dalla “composizione sociale che gli sta dietro”, senza vedere che – anche se non è ancora un sistema ideologico compiuto -, è figlio della “cultura” modernista dell’impresa, formatasi ben prima delle sue ultime manifestazioni, di una “cultura” aziendalistica che permea anche la sinistra, anche operaia, soprattutto lombarda: tanto che è sempre stato difficile distinguere i comportamenti di tanti dirigenti lombardi – ma anche emiliani e delle cooperative -, da quelli tipici dell’efficientismo antidemocratico e tecnocratico dell’impresa, dal progressivismo positivista tipico della “borghesia ambrosiana”.

Oggi poi la “sinistra” tutta efficientista, aziendalista ed economicista, abbandonato il marxismo, fa weberismo e sociologismo, perdendo ogni capacità di analisi organica. In questo modo, arriva a non considerare il leghismo come un fenomeno “fascista e reazionario” perchè prodotto dalla “modernizzazione post-fordista” del sistema produttivo verso cui la “sinistra” è callida o consenziene.

Come se la cultura che ha prodotto e fiancheggiato il fascismo e il nazismo ed essi stessi non fossero quanto di più moderno si potesse immaginare nell’epoca in cui erano “Il Modernismo reazionario – Tecnologia, cultura e politica nella Germania di Weimar e del Terzo Reich“, Jeffrey Herf, il Mulino – NAZISMO che si nutriva delle tre dimensioni della modernità presenti anche oggi : illuminismo, attivismo, gusto del rischio e della provocazione, che diventa identità del ceto emergente dei professionisti, dei tecnici e dei tecnocrati e “ideologia degli ingegneri”; liberalismo politico (che ha la sua manifestazione più compiuta nel federalismo e nei sistemi liberal-democratici maggioritari, uninominali e anglosassoni); positivismo e fiducia nel progresso tecnico-scientifico. Si dimentica persino che a questo “modernismo reazionario”, hanno contribuito in modo determinate personaggi a cui, esplicitamente, dichiarano di rifarsi molti leghisti, da Miglio a Fassa, come M. Heidegger e, soprattutto, Carl Schmitt: il che giustifica chi, come Saverio Vertone, ha parlato di: “presenza nella lega di elementi di germanismo e di nazismo”.

Il modernismo reazionario.

Anche per l’ingegner Bordiga il fascismo era “un fatto industriale e moderno, in un certo senso anche democratico”, uno dei tanti fattori delle moderne “trasformazioni del sistema produttivo”, “un tentativo di dare una funzione originale alla piccola e media borghesia: artigiani, professionisti, lavoro autonomo. Tutte queste mezze classi che noi sommamente disprezziamo dall’alto del nostro puro classismo”, di cui però non comprese che la questione non era sociologica, ma politica, perché è quando non li rapporti ad una alleanza e ad una strategia della classe operaia che quei ceti diventano reazione fascista.

Così oggi , solo con il dato delle 730.000 nuove imprese artigiane del nord sorte negli anni 80, che pur giustamente citano Brivio e De Cecco, non è possibile capire le ragioni dello spostamento a destra, se solo si pensa che a metà anni ’70, ogni anno, nella sola provincia di Varese, nascevano 45 mila nuove aziende(dati CEDOC), ma non per questo si traducevano in leghismo e in forme reazionarie di massa. Insieme all’analisi dell’organizzazione della produzione che, se esaminato, come richiamava Pala, ci dice che non c’è post fordismo, che le catene di montaggio ci sono ancora anche se a forma di “U” e che c’è una elevazione del fordismo in un “sistema di linee a flusso continuo integrato(Shigeo Shingo, Il sistema di produzione giapponese “Toyota”, Franco Angeli), occorre analizzare politicamente la forzatura ideologica che sui ceti medi è stata operata negli anni 80, anche e soprattutto a sinistra, e che rispondeva e risponde al tentativo di costituire un vasto baricentro centrale per emarginare le “turbolenze” sociali, ma altrettanto composito e frastagliato, dal punto di vista degli interessi reali, da non mettere in discussione l’egemonia delle classi alte.

L’esaltazione politica-ideologica dei ceti medi. Per chi non conosce la storia,  sa il diciannovismo fascista, per darsi base di massa imperniò sull’esaltazione dei ceti medi l’opera di legitimazione e inserimento del fascismo nelle strutture della società e dello stato.

Infatti questo avveniva mentre non c’era alcun ampliamento quantitativo dell’area sociale intermedia e mentre il 50% circa degli artigiani (e una forte percentuale dei commercianti al dettaglio), arrivano ad un livello di reddito non lontano da quello dei salari operai mentre, contemporaneamente, al polo opposto dei professionisti, dei manager, dei renditieri, si arriva alle punte più elevate della ricchezza individuale.

In tale quadro, si è puntato sui ceti medi per l’esaltazione del moderatismo, per la sostituzione della dialettica delle classi con la più sfrenata competizione individuale, per il neocentrismo come corsa al centro di tutte le forze e di tutti i partiti, all’inseguimento di una classe media ritenuta sempre più espressiva dell’intera società. Nel contempo si è però preteso di uniformare dal punto di vista fiscale, le fasce di reddito estremamente variegate della classe media, determinando una reazione delle fasce più basse in una unità con le fasce piu alte, che era stata predisposta politicamente e ideologicamente con la esaltazione generale della classe media come nuova classe centrale di riferimento, utile alla “conciliazione” e alla “sostituzione” dell’antagonismo di classe tra lavoratori e grande impresa.

Anche da questo punto di vista, il leghismo risulta come il prodotto di una interazione di tanti soggetti politici e sociali che occorre considerare sotto tutti i versanti.

Per capire come mai “nella Lega come nel fascismo, ci sono gli elementi “ideologici provenienti da un generico patrimonio di “sinistra”, di cui parlava Gamba, ci vuole dunque una analisi ben più complessiva e un rapporto tra teoria e prassi, un’ analisi organica. Non a caso, a suo tempo, furono Gramsci e Gobetti i primi a capire che cosa fosse il fascismo. Solo in questo modo si può capire il leghismo, come si è capito che il fascismo è nato anche dalla degenerazione di una parte dell’estrema sinistra soreliana e sindacalista rivoluzionaria dall’originaria teoria della lotta di classe, diventando storia di una “rivoluzione senza proletariato“.

In ogni caso, “spezzoni” di analisi sociologiche-descrittive, oltre che essere riduttive nel voler cercare “la” anziché “le” ragioni della Lega rischiano, anche involontariamente, di essere apologetiche: non a caso, a Tradate, il sindaco leghista si è congratulato con queste analisi “estremamente intelligenti”.     Così del resto la “sinistra”, negli anni ’80, dicendo “basta con le pregiudiziali” ideologiche, mentre “descriveva”, “accettava” sempre più il terreno della destra, proponendo al massimo qualche debole emendamento.

Descrivendo sociologicamente i fenomeni, senza una analisi organica, storica e filosofica, politica ed economica, giuridica e sociale, non si può capire nemmeno che il leghismo, come il fascismo, non è ma diviene e gli stessi sociologi finiscono con il sembrare – come ebbe a dire F. Ferrarotti – ” come quelle galline senza testa che svolazzano per il cortile dopo che gliel’hanno mozzata“.

In questo modo può succedere che anche chi critica il Pci-Pds e “quantomeno la maggioranza della stessa Cgil”, ritenga che per “contrastare la Lega” ci si debba porre sul suo terreno, quello delle moderne “contraddizioni”, si che è proprio con il voler stare su tale terreno che i gruppi dirigenti del Pci-Pds e della Cgil – con cui i sopra citati sociologi e altri collaborano -, hanno motivato e giusitificano il loro continuo spostarsi a destra sulle tematiche delle moderne tecnologie, della impresa-rete, della modernizzazione istituzionale, ecc.. E’ per questo che dopo il loro successo, per dirla con le parole di Ilvio Diamanti, studioso del leghisimo, “da oggetto di rimozione le leghe sono diventate oggetto di culto…per cui tutti divengono federalisti, anti-istituzionalisti, ecc.“. Un federalismo di cui, fin dal 1982, si fa interprete Antonio Bisaglia, il leader Dc che più di ogni altro ha teorizzato e praticato il doroteismo. Il che dimostra, come nota sempre il Diamanti, che il federalismo ha ispiratori ben più prossimi del Cattaneo.

Al contrario, occorre respingere e combattere il modernismo, anche quello di chi dice di essere per un “comunismo moderno” (cioè Democrazia Proletaria), e storicizzare politicamente e teoricamente l’analisi del leghismo: solo allora il giudizio politico potrà assumere una valenza ben più pregnante di quello sino ad oggi espresso.

*da il settimanle “Il Lavoratore/oltre”, 18 marzo e 1 e 29 aprile 1994

 

ALLARME SON LEGHISTI !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!ultima modifica: 2011-02-02T01:02:00+01:00da iskra2010
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