Cibo, il rincaro è da record

di ANDREA

 

La Stampa, ipocritamente, non fa il nome del sistema che determina simili situazioni. “E’ il CAPITALISMO bellezza…”.

Saluti comunisti

 

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Venerdì, 04 Febbraio 2011

Cibo, il rincaro è da record

MARCO SODANO

 

Torino – Il frigorifero globalizzato può essere vantaggioso ma anche no. Nel primo caso di permette di rifornirti agli antipodi spuntando prezzi bassi, nel secondo ti si rivolta contro: agli antipodi scoppia una carestia, e tu ti ritrovi a pagare tutto più caro. Un tifone devasta una regione australiana e lo zucchero rincara. Gli incendi devastano le pianure russe – distese immense, coltivate a grano -. Va a finire che pane e pasta rincarano. La siccità colpisce le pianure asiatiche o il nordamerica? Viene a mancare la soia: cioè la base dell’alimentazione degli animali da allevamento. Non è un problema solo per la cucina thai, in Europa rincareranno carne e formaggio.

Dallo scorso autunno la situazione si è complicata, certifica la Fao: durante lo scorso mese di gennaio 2011 i prezzi del cibo hanno toccato il massimo storico dal 1990 (cioè da quando esiste l’indice Fao che li misura) dopo una serie di rialzi che va avanti da sette mesi, cioè dall’estate scorsa. La linea che lo rappresenta sui grafici ha raggiunto i 231 punti, in crescita del 3,4 per cento rispetto a dicembre 2010.

 

«Attenti ai Paesi poveri»

Gli aumenti, come il frigorifero, sono gobali: riguardano tutti i mercati e (con l’eccezione della carne, almeno per ora) tutti prezzi, che tra l’altro «potrebbero rimanere elevati nei mesi a venire», secondo l’economista della Fao Abdolreza Abbassian. Il quale, si capisce, non è preoccupato per il portafoglio delle famiglie europee e americane. «Si tratta – spiega – di un elemento di grande preoccupazione soprattutto per i paesi a basso reddito con deficit alimentari, che potrebbero avere problemi nel pagare le importazioni di cibo, e per le famiglie povere che spendono una gran parte del loro reddito in cibo».

 

Nei Paesi poveri, secondo i calcoli di Oxfam Italia, l’80% del reddito è destinato ai consumi alimentari. In quelle condizioni economiche gli aumenti hanno effetti disastrosi. L’indice per i cereali ha toccato i 245 punti a gennaio, in aumento del 3 per cento rispetto a dicembre, il livello più alto dal luglio 2008, ancora dell’11 per cento più basso rispetto al record dell’aprile dello stesso anno. Ma l’incremento più alto (il 6,2 per cento in un solo mese) spetta all’indice dei prezzi del latte e dei prodotti caseari, seguiti a ruota dallo zucchero, che ha messo a segno un più 5,4%. E quanto alla quiete apparente della carne, è il caso di fare attenzione: gli animali mangiano frumento e soia, e quindi alla lunga gli aumenti faranno un giro anche dal macellaio.

 

La stagione nera

Nel corso del 2010, tra l’altro, il maltempo sembra essersi messo in testa di strapazzare l’agricoltura in tutto il mondo. Concluso l’anno, all’appello del raccolto mondiale mancavano 41 milioni di tonnellate di grano e quasi un terzo della produzione di soia. Di conseguenza hanno cominciato ad alzarsi i prezzi di altre derrate: l’orzo e il riso in prima fila.

 

La Cina è in questo periodo alle prese con una siccità senza precedenti. In compenso, l’anno precedente era stato il turno delle alluvioni. Nel frattempo i cinesi sono diventati più ricchi e stanno cambiando abitudini a tavola: cresce molto il consumo di carne di maiale, mentre il riso resta stabile. I cinesi si spostano verso le grandi città e la quantità di coltivazioni scende. Così bisogna importare mais, grano e orzo. E i prezzi hanno un’altra spinta a salire sempre più in alto. L’Europa si trova invece a fare i conti con la cattiva stagione in Russia: prima la siccità, poi gli incendi hanno convinto Putin della necessità di sospendere le esportazioni nel 2010 e nel 2011. Per ora non si parla di revocare l’ordine. In Ucraina è andata allo stesso modo, e così nel Kazakhstan. Il guaio è che la moderna e ricca Europa non sarebbe in grado di autosostenersi neppure se arrivasse la stagione più prolifica che la Terra ricordi: con l’industrializzazione negli ultimi cinquant’anni si sono persi 96 milioni di ettari di terreni coltivabili. Non c’è alternativa alle importazioni. E se importare costa più caro, non c’è altro da fare che pagare.

Altro grande produttore, soprattutto di mais e di soia, è l’Argentina. Anche lì, il tempo secco ridurrà molto la resa dei campi di mais e di soia. Tra l’altro, per via dell’incrocio delle stagioni, i raccolti dell’emisfero Sud del mondo arrivano a maturazione quando in quello Nord è inverno, e raccolti non se ne mietono proprio.

 

L’allarme speculazione

C’è poi il sospetto che dietro ai movimenti dei prezzi non ci siano solo le difficoltà di approvvigionamento. Secondo Luc Guyau, presidente indipendente del consiglio Fao, «l’aumento è più speculativo di quelli del 2008 – l’altra grande fiammata dei prezzi – non è giustificato da un calo reale della produzione». Si torna così di fronte al problema di questi anni: il mercato arbitra tra chi compra e chi vende. I primi e i secondi puntano esclusivamente a fare un buon affare. A Davos, la settimana scorsa, il presidente francese Sarkozy ha detto che non è pensabile che un operatore di mercato possa comperare in pochi minuti un terzo del fabbisogno di grano del suo paese pagandolo con titoli, cioè con pezzi di carta. Sarà inammissibile, ma succede. Anzi, funziona.

 

Cibo, il rincaro è da recordultima modifica: 2011-02-13T00:08:00+01:00da iskra2010
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