Crisi e crisi del keynesismo, vitalita marxismo e la Petain della CGIL

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di Angelo Ruggeri

Mentre le Monde diplomatique, con un grande titolo di prima pagina a proposito della crisi del debito che scuote l’Europa, si apre con una frase di Aden Arabia (la stessa da noi riportato nella mail di Aden Arabia 3):
“NON VERGOGNATEVI DI VOLERE LA LUNA: NE ABBIAMO BISOGNO”
Della crisi attuale e della crisi della teoria economica ortodossa e della teoria keynesiana e terza crisi della teoria economica.
E sulla povertà sia teorica e culturale, di strategia e di cultura politico-sociale, economica, istituzionale e sindacale, che domina l’attuale CGIL
“VOI PORTERETE L’ITALIA ALLA ROVINA
E ALLORA SAREMO NOI COMUNISTI A SALVARLO” (GRAMSCI, durante il processo con cui il fascismo eseguì l’ordine dato da Mussolini rispetto a Gramsci: “occorre impedire a questo cervello di funzionare”)
Tra il PETAIN coscienza sporca della Francia e una specie di “PETAIN”, falsa coscienza o coscienza sporca del sindacato, sostenuta da un”Ebert” della CGIL.
Di quell’ Ebert, primo presidente della Reich durante la repubblica di Weimar, Brecht, in l’Abicì della guerra, scrisse:
“Io sono il sellaio che la genia degli junker/ aiutò di nuovo a montare in sella, Io, carogna,/
mi lasciai comprare da loro avendo ancora in tasca/i soldi del povero. Non c’era una fune per me?
Mentre in Europa avanza il Terzo Reich della cancelliera tedesca venuta dall’Est

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«Uccidono il Paese con la collaborazione di questa “Petain” craxiana che, a suo tempo, fu espulsa dal sindacato, che stringe il patto tra i padroni e il sindacato e dopo l’incontro tra parti-sociali (sic) e governo, si è fatta rappresentare dalla segretaria della Confindustria; essa è sostenuto dal pattismo dell’Ebert-Patta Dilibertiano e sardo e vorrebbero forse ripetere – come accadde già con Epifani – uno sciopero generale sostenuto dai padroni, contro Berlusconi.»
La nuova “Petain”, riporta l’Unità, ha dichiarato: «Con questo governo (notare bene: con questo governo!!!), con questa manovra (notare bene!), “non è possibile nessun patto sociale” (quindi c’è qualche pattismo sociale di classe che si può fare!!!). Altro che coesione – aggiunge la nuova “Petain” – : loro fanno pagare sempre gli stessi, rompono l’equilibrio sociale (ovvero, ignora del tutto che l’equlibrio sociale è già rotto ed è stato rotto da almeno il 1992 e proprio grazie ad patto tra sindacato-padroni-governo, grazie al pattismo di allotra e su cui ancora si insiste oggi). E aggiunge ancora: «Circa 24 miliardi reperiti eliminando gli sgravi per il lavoro e per la famiglia. Ai grandi patrimoni non si chiede nulla. È inaccettabile».
Inaccettabile? Ma dove vive e cosa vuole coprire? con tali, puri e semplici lamenti, vacui e inintelligenti proprio di chi non sa che il capitalismo è un sistema dominato dall’impulso ad accumulare ricchezza nella sua forma monetaria astratta; che la produzione è solo produzione per il capitale, e non al contrario: che i mezzi di produzione – per il capitalismo – non sono che dei semplici mezzi per la continua estensione del processo di vita per la società dei produttori. E i mezzi, cioè l’aumento di ricchezza del capitale, dominano gli scopi (l’aumento della richezza sociale), in modo che , proprio “come l’uomo è dominato nella religione dall’opera della propria testa, così nella produzione capitalista egli è dominato dall’opera della propria mano” ( Marx, Il Capitale Vol.1, tomo 3)
Non è un caso, come ha rilevato anche Schmpeter, che “il marxismo subisce eclissi, ma poi risorge sempre…proprio come le creazioni a cui spetta d’essere chiamate grandi, definizione cui non nuoce il fatto di legare la grandezza alla vitalità…” (Schumpeter, Capitalismo, socialismo, democrazia). L.R. Klein si è spinto tanto in la da descrivere la teoria di Marx come la teoria che “probabilmente sta all’origine della macroeconomia” (Klein, Teorie della domanda effettiva e dell’occupazione)
“Considerando le anticipazioni che Marx fece delle teorie dello sviluppo a lui posteriori, non stupisce che i suoi discepoli siano stati in grado di elaborare…un’economia dinamica con molto anticipo sui loro rivali” (D. Horowitz)
Questa imponente presenza del marxismo e di Marx nel campo della teoria economica, non viene, tuttavia, sempre facilmente riconosciuta dai circoli accademici, ma non ha potuto essere occultata ne durante la Grande Depressione ne in tutte le varie crisi cicliche continue del capitalismo e ancor meno in quella del 2007 e nella Grande Crisi in corso e del 2012 (nonostante i vari Bellofiore – passato all’ambientalismo e ad un militante antimarxismo teorico -, che non volle riconoscerlo nel seminario di Padova su “il ritorno di Marx”, promosso da G. Pirola che “mal lo trattò”).
A proposito della crisi attuale, e della crisi della teoria economica ortodossa e della teoria keynesiana, e terza crisi della teria economica, di cui ha parlato anche il keynesiano Halevi (di cui in ogni caso abbiamo stima) del quale ci pare di dover osservare – e in seguito sviluppare – che Halevi non si accorge :
1) che il liberismo si mischia con il keynesmo e viceversa, che c’è convergenza tra loro, perché non si accorge dell’implicazione teorica che comporta il fatto che liberismo e keynesismo non sono distanti tra loro, che il capitale è sempre disposto – specie in determinati momenti – ad alcune concessioni nell’ambito del sistema capitalistico, quali sono quelle di tipo keynesiano, nella misura in cui è disponibile per forme residuali di democrazia, purché possa usare – sfrenatamente o meno – tutti i sotterfugi adottabili al coperto delle regole del codice delle società anonime per azione: capitalismi finanziari anonimi che il Papa (e non anche la “sinistra” o i keynesiani) ha denunciato come il primo pericolo per il mondo e l’umanità
2) che anche la terza crisi della teoria economica conferma i fondamentali della critica marxiana alla teoria classica e al keynesismo del prima e della seconda crisi della teoria economica.
Una dei risultati principali e riconosciuti dell’opera scientifica di Marx fu la dimostrazione che il capitalismo, dopo aver segnato un progresso formidabile nello sviluppo delle forze produttive e nella formazione di una società più razionale, si trasforma nel suo opposto, diventando un sistema irrazionale e retrogrado, che mal si acconcia ad essere per così dire “razionalizzato” in alcuni suoi comportamenti, come pretende di essere in grado di fare la Teoria di Keynes.
Quale industria, quale esercizio commerciale segna nei suoi conti i veri costi sociali della sua attività? Nessuno, perché è cosa che per natura del capitalismo è impossibile.
La cosiddetta politica keynesiana è costituita da una serie di accorgimenti per affrontare le recessioni. Alla disoccupazione si può ovviare con prestiti e spese pubbliche, ma i capitani di industria sanno bene che se la disoccupazione scende a livelli molto bassi, la disciplina nelle fabbriche si allenta. I tale situazione è più facile che si formi un potente blocco fra gli interessi della grande industria e della rendita, che poi con l’allarmismo di qualche economista, porta ad una pressione di tutte queste forze e delle imprese industriali e finanziarie in particolare, per indurre i governi a tornare alla politica di ridurre il disavanzo del bilancio, come sta avvenendo ora.
In più, l’aumento degli investimenti di tipo keynesiano si volge in ogni direzione. E la scelta più conveniente per il capitalismo e per i governi, come sappiamo, è stata ed è quella di spendere in armamenti, e il complesso militare-industriale ne è ben felice.
La guerra mondiale fu una severa lezione per il keynesismo, come sono una lezione tutte le attuali e tante guerre. Sono stati i cosiddette “keynesiani” a convincere uno dopo l’altro i Presidenti degli Stati Uniti che non c’è niente di male in un disavanzo di bilancio, e a permettere che il complesso militare-industriale ne traesse vantaggio. Il sogno di Keynes si è così trasformato in un incubo di terrore e di guerra che ancora dura.
Un risultato l’ha ottenuto, a vantaggio del liberismo, però: a dispetto di investimenti e massacri di guerra, la ricchezza nei Paesi occidentali è aumentata nelle varie nazioni, consentendo col c.d. “Stato del benessere” (stato assistenziale, impropriamente definito anche dai nostri cigiellini “stato sociale”) di aprire una grande vetrina sui Paesi dell’Est c. d. socialisti (dove in realtà c’era solo un vero “stato sociale” che se non c’è proprietà privata dei mezzi di produzione, ma dove la statalizzazione – che fu anche del fascismo – non è socializzazione e non e assimilabile al socialismo), ottenendo che nei Paesi dell’Est Europa cominciassero a invidiare la società dei consumi occidentale (Significativo che di fronte alla sentenza della Corte tedesca sul fatto che il genitore separato non può mantenere a vita il coniuge e che tale coniuge – quasi sempre la donna – a cui versa gli alimenti deve anch’esso lavorare, il commento è stato che tale sentenza è inapplicabile e che essa è dovuta ad un residuo della Germania dell’Est, dove tutti lavoravano e c’erano per tutti e gratuitamente asili nido, scuole materne e superiori, università e servizi – stato sociale, appunto) .
Ma la crescita della ricchezza ha ben poco a che vedere con la riduzione della povertà. La crescita avrebbe elevato gli strati inferiori e la povertà sarebbe scomparsa “naturalmente”, recitavano i cori keynesiani.
Eppure sapevano che nel capitalismo è legge di natura che metà della popolazione viva al di sotto di uno standard equo, quale che sia il livello dei consumi in assoluto.
Ma non è tutto. Non solo la miseria dei poveri non è mai sconfitta dalla crescita, MA LA POVERTA’ IN ASSOLUTO NE RISULTA ACCRESCIUTA, come si è visto sempre di più negli ultimi decenni con una progressività che continua: mentre la crescita avanza al vertice chi resta indietro è respinto alla base – in schiere sempre più folte – e la miseria in assoluto cresce all’aumentare della ricchezza.
E’ il capitalismo, bellezza!!! Ma ancora una volta i keynesiani come pressa poco tutti gli economisti non hanno saputo prevedere nulla di quello che stava accadendo e di quello che sta accadendo ora.

Racconteremo in altro articolo, che cosa è successo negli anni ’90 con e dopo quel patto tra sindacati e padroni e col governo di Amato la mente e il braccio di Craxi di cui furono e restano seguaci i Sacconi, le Camusso, e via via tutti gli altri (tra cui anche gli ex diessini). Per non affaticare le menti del pensiero corto di chi non legge che ragionamenti brevi.

Crisi e crisi del keynesismo, vitalita marxismo e la Petain della CGILultima modifica: 2011-08-22T00:47:00+02:00da iskra2010
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