SCHEDE, MATERIALI PER IL SEMINARIO DEL COMITATO NO DEBITO 21-22 SETTEMBRE 2012

SCHEDA N° 2 – L’UNIONE EUROPEA

A distanza di poco più di due anni dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l’UE per rispondere alla crisi economico-finanziaria ha trasformato le sue istituzioni e procedure decisionali. Senza modificare i Trattati, senza discussione nei Parlamenti nazionali, senza un dibattito pubblico, si sono trasformati organi già esistenti, e se ne sono creati di nuovi, con competenze non previste nei Trattati.  Passo dopo passo, secondo il vecchio metodo funzionalistico si rendono sempre più penetranti i poteri della governance europea. Questa è esercitata, in un intreccio di organi e di competenze, dal Consiglio europeo, dalla Commissione, dal Consiglio nelle sue diverse formazioni, dall’Eurogruppo, dal presidente del Vertice Euro in stretto rapporto con la BCE e con l’EFSF ( e dal 2013 con l’ESM). Tutto ciò  è stato deciso dai governi e dalla tecnocrazia per rispondere ai mercati, il cui consenso si è sostituito a quello dei cittadini e delle cittadine.

Nel corso della crisi economico-sociale, le scelte dell’UE, tese a salvare le banche e le istituzioni finanziarie e  a scaricarne i costi sui popoli, sono andate di pari passo con le modifiche degli assetti istituzionali: Patto Euro Plus, Six Pack, Fiscal Compact sono state le tappe di questa tendenza ad accentrare le politiche pubbliche nelle mani di una tecno-oligarchia. La prima tappa è stata, è bene sottolinearlo, il Consiglio ECOFIN del 7 settembre 2010, che ha modificato il Codice di condotta per l’attuazione del Patto di stabilità e crescita mediante le procedure del ‘semestre europeo’, avviato nel gennaio 2011. La loro novità è nella discussione e nell’indicazione ex ante delle politiche di bilancio, le cui fasi principali sono: a metà aprile quando gli Stati membri sottopongono i Piani nazionali di riforma (PNR, elaborati nell’ambito della nuova Strategia UE 2020) e contestualmente i Piani di stabilità e convergenza (PSC, elaborati nell’ambito del Patto di stabilità e crescita), tenendo conto delle linee-guida dettate dal Consiglio europeo; a inizio giugno quando, sulla base dei PNR e dei PSC, la Commissione europea elabora le Raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati membri; nella seconda metà dell’anno quando gli Stati membri approvano le rispettive leggi di bilancio, sulla base delle Raccomandazioni ricevute. In un’indagine annuale la Commissione dà conto dei progressi conseguiti dai paesi membri nell’attuazione delle Raccomandazioni stesse.

Nelle Raccomandazioni rivolte all’Italia nel 2011 e nel 2012 sono riprese tutte le principali richieste formulate nella lettera di Trichet e Draghi del 5 agosto 2011, divenute programma del governo Monti: dal consolidamento fiscale, al mercato del lavoro per cancellare le ‘protezioni’ dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori contro i licenziamenti con il fine di introdurre dosi massicce di ‘flexisecurity’, alla liberalizzazione dei servizi pubblici e delle professioni, all’abbattimento dei controlli e dei costi amministrativi per rendere più libere le imprese, fino alle modifiche della Costituzione ‘in modo da rafforzare la disciplina di bilancio’ con la modifica dell’art. 81.

L’UE, per gestire la crisi economico-finanziaria, è andata concentrando sempre più i poteri nel Consiglio europeo e nella BCE e nelle due nuove istanze istituzionali, quelle dell’Euro Summit e del suo presidente, che attualmente coincide con quello del Consiglio europeo, Herman van Rompuy: sono questi i ‘giudici di ultima istanza’ che dettano le misure di bilancio e di politica economica, controllandone anche l’esecuzione. La BCE, con le prossime riforme decise nel Consiglio europeo del giugno 2012, oltre ad essere il regolatore della moneta a garanzia della stabilità dei prezzi, diverrà e il supervisore del sistema bancario e finanziario.

Finora mercato capitalistico e Stato nazionale sono stati organismi intrecciati, nati l’uno per e mediante l’altro; nell’epoca del mercato globale − qui è la novità storica  − si affermano i grandi spazi economici sovranazionali, gestiti con gli strumenti del diritto – soft e hard law – non più elaborati e maneggiati dagli Stati nazionali come al tempo del ‘liberale’ impero britannico, o del brutale Reich nazista con il suo Großraum o, più recentemente, dell’egemonismo imperiale degli USA. Sono organismi sovranazionali a costruirli e a gestirli. L’UE è l’esperienza più avanzata nell’organizzazione di un grande spazio economico in cui vengono attuati i processi di riorganizzazione produttiva e gli Stati europei agiscono in funzione di questo obiettivo del mercato unico continentale per divenire uno dei soggetti principali dell’attuale competizione internazionale.

Con il Patto Fiscale, un trattato internazionale, si giunge a manomettere le stesse Costituzioni. Si afferma all’art. 3, comma 2, che le regole del pareggio di bilancio: «devono avere effetto nelle leggi nazionali delle Parti contraenti al massimo entro un anno dall’entrata in vigore del Trattato attraverso previsioni con forza vincolante e di carattere permanente, preferibilmente costituzionale».Con un Trattato di carattere internazionale si interviene per modificare le Costituzioni così da legittimare nella legge fondamentale, la prima nella gerarchia delle fonti, il liberismo con le sue politiche dell’offerta tese all’espansione del mercato e dell’impresa privata. Il Parlamento italiano ha già votato la modifica dell’articolo 81 per imporre una camicia di forza alle politiche di bilancio: la Costituzione è stata resa vassalla delle esigenze di bilancio dettate dai mercati finanziari. 

L’articolo 4 del Patto Fiscale impone l’abbattimento del debito pubblico, per la quota che eccede il 60% del PIL, un ventesimo all’anno. Per l’Italia ciò significa un abbattimento di circa 47 miliardi l’anno, quasi il 3% del PIL. Il Patto Fiscale usa come meccanismi operativi quelli messi a punto con il Semestre Europeo, il Patto Euro Plus e il Six Pack, strutturati da quattro Regolamenti emanati nel novembre 2011. 

Bruxelles  e Francoforte sono divenuti i centri del potere: un circuito di istituzioni al servizio dei mercati, da cui è espulsa la democrazia. Siamo cioè di fronte non ad una semplice cessione di sovranità dagli Stati nazionali all’Europa, ma ad un esproprio di sovranità dalla assemblee elettive alle tecnocrazie, alla messa in crisi del parlamentarismo democratico. Su scala nazionale,a questo si è aggiunto, nella II Repubblica, ovvero con la cancellazione del proporzionale a favore del maggioritario,e con l’internità sostanziale dei due poli al neoliberismo, una vera espulsione della società dal potere decisionali, con governi sempre più impermeabili al conflitto sociale.  Si è, cioè,  drammaticamente aggravata la questione democratica dato che maggioranza e opposizione in Italia, così come negli altri paesi membri, devono muoversi entro i rigidi binari politici tracciati dall’UE, perché è nell’UE che si vanno trasferendo le sovranità degli Stati nazionali. Dunque, siamo di fronte a un governo dell’UE, chiamata il più delle volte governance perché concentrata sulla gestione dell’economia e della finanza, e funzionante secondo una rete di organi a differenti livelli. 

Sulle fondamenta del ‘patrimonio costituzionale europeo’, occorre dare all’Europa una rappresentanza democratica con le competenze dell’indirizzo politico, della piena produzione legislativa (a cominciare dal potere di iniziativa oggi riservato alla Commissione), e del controllo degli organi di governo europei. Per spostare l’epicentro decisionale verso le strutture di partecipazione democratica occorre un processo di fondazione di un’Europa federalista, socialista, ecologista.

SCHEDE, MATERIALI PER IL SEMINARIO DEL COMITATO NO DEBITO 21-22 SETTEMBRE 2012ultima modifica: 2012-09-22T12:10:00+02:00da iskra2010
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